No alla "barbarie venatoria"
Niente più reato per chi spara nei parchi, aumentano le specie nel mirino dei cacciatori. Il parlamento sta preparando un testo unico che sembra andare, in tema di caccia, verso una deregulation fin troppo disinvolta. E Legambiente e Arcicaccia sono d'accordo nel criticare tutto questo. Stanno ora raccogliendo firme per dire no alla "barbarie venatoria"...Alla Camera si prepara un altro blitz sulla caccia. Sono Legambiente e Arcicaccia a rinnovare l’allarme su un problema che pareva risolto. E lo fanno citando quel testo unificato che alla Camera sostituirà le diverse proposte di legge in materia e che le due associazioni sono riuscite ad anticipare alla stampa.
"Chi pensava che l’affare fosse chiuso - fanno sapere i presidenti delle due associazioni, Roberto Della Seta per Legambiente e Osvaldo Veneziano per Arcicaccia - si sbagliava. Si riparte dalla Camera, con un provvedimento folle almeno quanto quello, poi cassato, del Ministero dell’Agricoltura. Quello in atto è un assalto ai sistemi di tutela degli animali selvatici e delle aree protette, che se dovesse passare negherebbe la possibilità di un’attività venatoria compatibile".
Il provvedimento in parte ricalca il contenuto del testo bocciato qualche settimana fa, in parte aggiunge novità allarmanti. Vediamone i punti chiave:
Stagione venatoria più lunga: si potrà andare a caccia non più solo da settembre a gennaio, come oggi, ma da agosto a febbraio, in contrasto con le direttive europee. Due mesi in più, dunque.
Numero delle specie cacciabili più ampio: si passerà dalle attuali 49 specie a 62 (13 in più) senza alcuna base scientifica. Tra le new entry tre specie di oche (selvatica, granaiola, lombardella), la tortora dal collare, il chiurlo (simile al chiurlottello, specie in assoluto più minacciata di estinzione in Europa).
Caccia lungo le rotte migratorie: oggi è previsto il divieto nelle aree
corrispondenti alle principali rotte migratorie. Con l’espediente di aprire
in quei siti la caccia alle specie stanziali, di fatto si annulla la tutela
dei migratori.
Riduzione delle aree con divieto: oggi la legge prevede che una porzione
pari al 20-30% del territorio agro silvo pastorale su base regionale venga
sottoposto a divieto di caccia. Questa porzione calerà al 20-25%. Non solo,
per calcolare questo 20-25% andranno considerate anche le aree urbanizzate:
nei fatti, dunque, si tratterà di una superficie molto inferiore. Come dire:
si offre una sponda a chi si oppone alle aree protette e fa pressione per
ridimensionarne il peso.
Più caccia consumistica: oggi fino al 15% del territorio nazionale può
essere destinato ad aziende faunistico venatorie (dove, a pagamento, il
cacciatore può sparare ad animali d’allevamento liberati nell’area). Si
salirà al 20%. Non solo. In queste aree non sarà valido alcun limite
stagionale alla caccia. Su un quinto del Paese, insomma, si potrà sparare
tutto l’anno. E poi, come distinguere tra una lepre d’allevamento e una di
passaggio?
Depenalizzazione del bracconaggio: sparare nelle aree protette, se si
escludono alcuni casi (come orso, camoscio appenninico, lupo, stambecco e
qualche altro) non sarà più reato, ma comporterà una semplice multa. Qualora
un cacciatore di frodo uccidesse dei cinghiali in un parco nazionale,
dunque, non rischierà più il carcere, ma solo un’ammenda. Quanti saranno a
pensare che il gioco vale la candela?
Reintroduzione del nomadismo venatorio: oggi i cacciatori sono legati al
loro territorio, per consentire una tutela ragionata della fauna selvatica.
Questo legame verrà eliminato reintroducendo la libertà di movimento.
"Si tratta - commenta Della Seta - di proposte incivili e inaccettabili per un Paese che nella sua Costituzione riconferma la tutela dell’ecosistema tra le sue vocazioni.
Quello che leggiamo fra le righe del testo unificato è la volontà di
scardinare un sistema razionale di gestione e tutela della fauna che ha
prodotto alcuni importanti risultati. Conquiste che verranno gettate alle ortiche se questa
proposta indecente dovesse passare".
"Per di più - aggiunge il presidente di Arcicaccia Osvaldo Veneziano - sparirebbe la caccia quale attività responsabile e conservativa, pregiudicandone la legittimazione
nella società. E sparirebbe ogni possibilità di incontro, nel rispetto della
tutela del patrimonio faunistico, fra esigenze e sensibilità diverse, come
quelle di agricoltori, ambientalisti e cacciatori".
Contro la volontà di aprire l’Italia alla "barbarie venatoria", Legambiente
e Arcicaccia, grazie anche alla collaborazione di Tiscali, hanno raccolto
più di 10mila firme. Fra le adesioni ricordiamo quelle di Dario Fo e Franca
Rame, di Guglielmo Epifani e Savino Pezzotta, di Gabriele De Rosa e Rosario
Villari, Gian Maria Fara e Vittorio Foa, dei fratelli Taviani, di Gillo
Pontecorvo e Carlo Lizzani, di Margherita Hack e Luigi Boitani.
E poi Luca Barbarossa, Edoardo Bennato, gli Almamegretta, Sara Simeoni e Daniele
Masala, Sergio Staino, Lella Costa e Giobbe Covatta, Piero Dorazio e
Giuseppe Zigaina, Pietro Cascella e Ennio Calabria, Maurizio Mannoni e
Giuliano Giubilei, Roberta Brunet e Sveva Sagramola, Contessa Brachetti
Peretti e Pietro De Paola. Sono 101 le adesioni illustri già raccolte, una
sorta di nuova carica dei 101 contro una legge scandalosa. Da ricordare
anche l’adesione di associazioni e organizzazioni come il Consiglio
Nazionale dei Geologi, gli imprenditori agricoli di Coldiretti, Cia e
Confagricoltura (Anagritur), l’Arci, la Federparchi, l’Uisp e l’Acli.