Gorgona carcere modello
Il vice presidente della Regione Toscana, Angelo Passaleva, ha visitato nei giorni scorsi l'isola carcere della Gorgona. Ha parlato di un carcere che deve diventare un modello. Sull'isola infatti non vi sono sbarre e i reclusi escono liberamente e coltivano la terra. Costa meno, ha sottolineato Passaleva, e consente un miglior recupero dei detenuti. Se un ritorno del carcere a Pianosa fosse in questi termini, ha aggiunto, ben venga
"Quello della Gorgona è un modello carcerario che funziona, tanto che andrebbe esportato. Per lo meno utilizzato appieno". E' il commento del vicepresidente ed assessore alle politiche sociali della Toscana, Angelo Passaleva, che, nei giorni scorsi, ha visitato l'istituto penitenziario della Gorgona, la più piccola isola dell'arcipelago, 200 ettari di verde e natura incontaminata.
L'isola viene anche da qualcunoi definita "la prigione buona" essendo una colonia penale agricola, fin al 1869, dove si lavorano i campi e si fa anche acquacoltura e ricerca biologica. Nell'isola da qualche mese ci sono solo trentacinque detenuti, un quarto della capienza dell'istituto con il rischio di ridurne la capacità produttiva.
"Vale invece la pena - ha sottolieato Passaleva - di potenziare questo modello. I carcerati vivono e lavorano all'aria aperta: una detenzione con molti gradi di libertà, ampie possibilità di recuperto e una buona formazione. Il che riduce poi le recidive e consente di abbattere anche i costi di esercizio dell'istituto. Se un'esperienza simile alla Gorgona sarà realizzata anche a Pianosa ben venga anche lì il ritorno del carcere".
Della possibile imminente riapertura del penitenziario di Pianosa si era infatti parlato qualche settimana fa e su quest'isola una colonia penale agricola c'era, del resto, già prima che alla Gorgona, fin dal 1858. Poi l'isola, fino al 1998, ha ospitato mafiosi e terroristi in un carcere di massima sicurezza.
In visita alla Gorgona con Passaleva c'erano anche Alessandro Margara, già magistrato di sorveglianza ed ora presidente della Fondazione Michelucci, e il professore Nedo Baracani, responsabile per l'università di Firenze del polo universitario del carcere di Prato. Con loro inoltre quattro ricercatori, che per conto della Regione stanno analizzando l'impatto del cosidetto "trattamento avanzato" e dei carceri aperti sotto il profilo economico e del recupero dei detenuti.
"La ricerca ancora non è pronta - ha spiegato Passaleva - ma la sensazione è che i costi rispetto ad un penitenziario classico siano notevolmente inferiori. Certo anche tra i detenuti che sono stati ospiti alla Gorgona ci sono i recidivi. A volte però dipende dalla comunità dove tornano a vivere, che non è pronta ad accoglierli per il loro reinserimento. Ed è qui che dovremo in futuro lavorare. Come Regione pensiamo infatti ad un carcere che sia una pena, ma anche un luogo dove si forniscono gli strumenti utili per reinserirsi nella società".