Un comitato contro il porto turistico
Deve esserci proprio qualcosa che nen va nella scelta di costruire un grande porto turistico a San Giovanni se questo ha causato la nascita di un comitato permanente per la tutela di questa zona. Il Comitato comunque ha presentato le sue osservazioni a tutti i 4 progetti riguardanti quest'opera contestata, e sono osservazioni molto critiche...Osservazioni al progetto Cooperativa Marina San Giovanni
Le osservazioni che riportiamo per il progetto della Cooperativa Marina di San Giovanni, a parere del comitato permanente per la tutela di San Giovanni, non danno, nelle generalità, il consenso alla fattibilità. Pertanto diamo parere assolutamente negativo. Le nostre considerazioni si basano soprattutto su quello che definiamo mostruosità progettuale del porto abbinata alle strutture" a terra.
Prendiamo atto che, a paragone del progetto Teseco, le differenze di base, quali ad esempio la cementificazione e l'estendibilità in larghezza della diga, sono evidenti ma comunque non molto distanti dalla comparazione progettuale.
Il bacino interno del porto compreso fra la valle della radio e la valle del melo ha una sola apertura (entrata ed uscita) a levante all'altezza della punta delle grotte esposta su gran parte ai venti dominanti di tramontana, grecale, levante e in gran parte anche di scirocco nonché flusso e riflusso della marea e corrente di marea senza uscita che comporta l'inevitabile insabbiamento del litorale interno al bacino ed esterno ad ovest dello stesso. Il fenomeno di erosione sarà invece assicurato sul litorale dal mulino, San Marco fino alla punta delle grotte.
Ad ovest del porto la chiusura è assicurata da una diga che si protende a nord-nordovest per 300 mt circa nella quale dovranno essere ubicati i servizi di base dettati dal piano di localizzazione dei porti. I detriti apportati dalla valle della radio e i residui di correnti di maree provenienti da est non avranno più modo di espandersi con il conseguente, anche in questo caso, insabbiamento di tutta la zona che va dalla valle della radio alle terme, fino all'Esaom cesa.
Nella relazione riguardante la struttura della diga si vuol fare intendere che delle fessure verticali di 50 cm sotto il livello del mare a distanza intermittente possano consentire lo smaltimento dei detriti e il flusso e riflusso delle maree e delle correnti. L'area in oggetto è talmente estesa che basterebbe appena un ponte a giorno per prevenire tali fenomeni incalzanti per tutta l'estensione della diga. Gli studi apportati sono del tutto incompatibili con la reale morfologia della zona considerata.
Lo sconvolgimento è assicurato e si ripercuoterà su tutta la baia di Portoferraio. Le due valli già prese in considerazione hanno una portata considerevole con rilascio di migliaia di tonnellate di detriti per anno. Coloro che hanno progettato hanno relazionato la fattibilità dell'opera apportando degli studi a senso unico. Viene a mancare il contraddittorio degli studi fatti da coloro che sono preposti ad esaminare il progetto.
Nel piano regionale dei porti non viene specificato che nella zona di San Giovanni si possa costruire un porto sulla base di studi effettuati a priori che ne consentono la fattibilità. La visione progettuale dovrebbe pertanto essere presa in considerazione solo in base alla relazione data dal richiedente? Noi opiniamo che opere di sì vasta portata e importanza devono essere vagliate sotto tutti gli aspetti immaginabili e possibili affinché non si verifichino gli effetti negativi della irreversibilità.
La nostra pregiudiziale è supportata soprattutto dalla conoscenza della zona. Conoscitiva non supportata da studi onerosi che non possiamo permetterci di effettuare, ma basata sull'esperienza che ha tratto insegnamento da accadimenti reali come ad esempio il posizionamento, anni addietro, del pontone della società Bonatti che ha stravolto parte del litorale e del fondale attiguo.
La problematica si ripercuote e si estende anche alle strutture a terra non focalizzate nelle relazioni progettuali ma strettamente legate alla condizione operativa e normativa. Le relazioni fanno intendere che i 350 posti barca previsti, in un secondo tempo, si dovrebbero o potrebbero estendere a un numero non definito rimandando l'approvazione del piano attuativo dell' area a terra non si sa bene con quali intendimenti di operosità.
Dovrebbero essere circa 500 i posti auto a supporto dei posti barca; quanto basta a fare di San Giovanni un parcheggio per auto vasto quanto sette o otto volte il piazzale del duomo di Portoferraio. A questo proposito non bastano tutti gli aggettivi discriminanti del vocabolario a definire lo scempio territoriale a sconvolgimento della zona.
Impatto ambientale, visibilità, alternative al traffico, etc, non sono compatibili di considerazione utile all'economia di Portoferraio. Abbinate al mega parcheggio non vengono considerate le aree per lo scalo di alaggio, rimessaggio e impianti di supporto allo standard medio delle imbarcazioni comprese le volumetriche per le costruzioni edilizie come ad esempio posti di ristoro, residences e quant'altro abbia dato vitalità alla corsa all'appannaggio dei terreni adiacenti facendoli passare ad arte nella categoria della trasformazione urbanistica.
Ritornando a considerare ciò che si vorrebbe far digerire come apporto economico alla città di Portoferraio per un porto di tal fatta a San Giovanni, riteniamo irrilevante l'ipotesi arrangiata di allontanare sempre di più la città da quello che è già il suo isolamento culturale, commerciale e turistico con tanto di oggetto di strumentalizzazione politica durante la recente campagna elettorale.
Come già espresso in altre occasioni riteniamo che San Giovanni non debba subire più di tanto alterazioni ma diventi a tutti gli effetti il vero specchio di Portoferraio: un borgo da salvaguardare e valorizzare; non da stravolgere. Non è solo nostra opinione ritenere che l'approdo turistico debba essere potenziato a ridosso delle mura della città per il rilancio turistico economico a venire.
Questo non è solo tempo di criticare gli operati progettuali che a nostro avviso sono fuori luogo sotto tutti i punti di vista, ma bensì il tempo di proporre e suggerire alternative condivisibili per eventuali futuri progetti. Alternativa, lo ripetiamo da oltre vent'anni, è il rifiorimento della diga esistente con tanto di camminamento collegata a terra con un pontile a giorno (su pilastri) nel cui bacino interno potrebbero trovar posto dalle 100 alle 130 imbarcazioni a soddisfacimento degli utenti di Portoferraio e dintorni.
Il progetto può essere facilmente elaborato sia da enti pubblici e privati con spese alla portata di tutti e gestioni senza scopo di lucro. Può, per esempio, nascere un nuovo circolo nautico, potenziarsi l'esistente con fattibilità di tempi brevi e nella certezza di non stravolgere nulla di ciò che definiamo essere il nostro patrimonio paesaggistico.
Osservazioni al progetto Sales S.p.a
Come per il progetto Esaom Cesa, il comitato permanente per la tutela di san Giovanni, esprime parere negativo. Stesse ragioni anche se i posti barca sono ridotti a circa duecento. Megadiga a ridosso esterno della quale, e non solo, si vorrebbe creare una spiaggia artificiale di riporto con strani contenimenti della diga stessa che a nostro avviso non hanno niente a vedere col normale impatto sul fondale e sulle strutture di superficie tenute insieme da elementi insicuri e facilmente attaccabili dagli elementi meteo marini.
Tutta la struttura azzera la panoramica ed è incompatibile con l'architettura del borgo avente impatto ambientale fuori dai canoni consentiti dal buon senso. Altrettanto, a buon mercato, utilizziamo l'ironia per rendere più vivace l'apprendimento: vogliamo cambiare, anche in questo caso, il nome di San Giovanni in Santa Sales?
Gli argomenti che vorremmo corredare alle osservazioni sono gli stessi e sono stati tutti esauriti per gli altri progetti esaminati. Non vorremmo, però, che il nostro dissenso diventasse oggetto di strumentalizzazione preconcettuale: abbiamo vagliato bene tutti i progetti, questo nello specifico, e in tutta sincerità se avessimo intravisto il più che minimo potenziale di fattibilità lo avremmo evidenziato.
Non abbiamo trovato nemmeno il modo di indicare correzioni che, sempre a nostro avviso, potevano rielaborare i progetti. Come per il progetto Esaom, gli indigeni, salvo pochissimi, sono tagliati fuori e la struttura ricettiva è tale da stravolgere tutto il territorio. Anche in questo progetto scompaiono le due valli dI melo e della radio con conseguente disastro idrogeologico annunciato nell'ipotesi malsana che tale progetto venga accolto favorevolmente.
E' quasi impossibile crederlo visti gli oneri di responsabilità a cui si andrebbe incontro. Tutte queste sono opere importanti che nel tempo troverebbero incompatibilità a favore di quella che attualmente può presentarsi come toccasana all'apporto turistico economico di Portoferraio. E' nella irreversibilità che noi poniamo attenzione affinché tutti recepiscano il problema che si deve affrontare a soluzione positiva e possibilmente unanime nel segno dell'equilibrio ambientale.
Il problema che ci sta a cuore risolvere è San Giovanni: se questi progetti fossero stati elaborati per altri siti avrebbero potuto trovare consensi ed approvazioni unanimi, ma purtroppo l'errore sta a monte; da qui la conseguente corsa all'accaparramento. Noi desideriamo che si ritorni a considerare che San Giovanni rimanga San Giovanni.
Osservazione al progetto Esaom Cesa S.p.a.
Con 26000 metri quadri di isole artificiali all'interno del bacino portuale dell' approdo turistico a San Giovanni progettato dalla società Esaom Cesa s.p.a, il comitato permanente per la tutela di San Giovanni esprime parere negativo. A nostro avviso il progetto si boccia da solo senza fare nessuno sforzo per esaminarlo nei particolari. Riteniamo che un simile progetto non tenga in nessun conto l'altrui intelligenza o capacità critica relative alla configurazione ambientale, idrogeologica, strutturale nella realtà della zona, paesaggistica etc.
L'incompatibilità del progetto, indegna di considerazione, fa solo ipotizzare che oltre l'affare da lucrare di San Giovanni e dintorni, per questa società, non importa un fico secco. La richiesta di concessione per un'area demaniale di oltre 70000 metri quadri da alterare con sei isole artificiali su tutta la superficie comporta il dragaggio di migliaia di metri cubi di materiale e migliaia di metri cubi da riportare.
Questi materiali di stoccaggio e rilascio fanno ipotizzare convenienze particolari che fino a prova contraria devono essere chiarite. E' certo che la corsa all'affare per l'accaparramento della concessione ha dato spazio all'intraprendenza nell'ambito della legalità: niente di male presentare un progetto e relazionarlo sulla base di una tematica precostituita così come è stata presentata e dettata dalla localizzazione dei porti; salvo che lo svolgimento non vada fuori tema vuoi per le concessioni o per i progettisti.
In sintesi come già detto per gli altri progetti visionati, le zone adibite a concessione non sono state supportate da studi che a priori ne garantissero la fattibilità. E' altresì doveroso richiamare l'attenzione sulle strutture di terra a supporto dell'approdo che non si differenziano dagli altri progetti e che comunque alterano tutto l'ambiente di San Giovanni.
Scompare la valle del melo e della radio a ridosso della diga normale alla costa: come si possano eliminare due fossi di così primaria importanza idrogeologica per tutta la zona di San Giovanni è semplicemente fuori d'ogni comprensione e ribadisce ancor più quella che definiamo essere la più totale mancamli di riguardo intellettuale.
Insomma, vogliono far scomparire San Giovanni? Ci ribelliamo con tutte le poche forze che abbiamo: non intendiamo cambiare il nome di San Giovanni con Santa Cesa o quant'altro!
E' certo che San Giovanni dovrà, a suo tempo, essere fatto oggetto di cambiamenti vitalizzanti. A tal proposito auspichiamo la moderazione con la quale si potranno apportare migliorie che non alterino il borgo.
Osservazioni al progetto Teseco
Nella premessa che la società Teseco, depositaria del progetto per la domanda di concessione al porto turistico in località San Giovanni, riferisce che la regione Toscana ha inserito nel piano regionale dei porti e approdi il sito di San Giovanni in Portoferraio. Sulla base di questa premessa, citando l'articolo numero 3 del Dpr, il piano strutturale del comune di Portoferraio e di localizzazione delle aree portuali, l'articolo 25 del regolamento urbanistico UTOE San Giovanni etc, chiede la concessione per anni cinquanta delle aree ricadenti in detta località allo scopo di realizzare il porto turistico e di provvedere alla sua gestione.
Il Comitato Permanente per la tutela di San Giovanni, visionato nel suo complesso il progetto, ha individuato da subito la mostruosità dell'opera bocciandola solennemente. Da parte del comitato non c'è alcuna pregiudiziale; ci siamo basati sulla conoscitiva convinzione che l'individuazione a San Giovanni di un porto o approdo turistico di 350 posti barca sia un madornale e scriteriato inserimento. Benché sia previsto dalla Regione Toscana il piano del porto a San Giovanni, la sua indicazione non è sufficientemente avallata da un piano di studio che abbia, a suo tempo, considerato la benché minima situazione ambientale.
Nel piano strutturale di Portoferraio è stata localizzata l'area di San Giovanni ma nello stesso sono evidenti le contraddizioni nella stesura facendo intendere che dovranno essere vagliate tutte le problematiche inerenti a tale eventuale struttura quali l'impatto ambientale, la viabilità, le aree di parcheggio auto, le infrastrutture etc. Queste problematiche erano e sono sufficienti a che non venga preso in considerazione un piano del genere.
Andiamo a spiegare nel dettaglio quali sono le ragioni del nostro dissenso, confortati dal fatto che come abitanti del luogo abbiamo una conoscenza reale e razionale di ciò che è San Giovanni e di ciò che speriamo possa diventare.
Il progetto Teseco si configura come un bacino portuale di mq.127.000, con una diga semicircolare avente raggio di circa 300 metri dal litorale fra la valle a ridosso dell'hotel Airone fino al mulino a ridosso di San Marco, ha una larghezza di 40 metri dei quali più di venti emersi, un'altezza sul livello del mare di metri 3,20 più l'altezza dei massi di contenimento.
Da San Giovanni non si vedrà più Portoferraio, più il golfo adiacente, con la scomparsa di uno dei più osannati panorami italiani. Scompare la tipologia e il litorale, la conformazione naturale sarà completamente annientata con il conseguente insabbiamento o erosione del restante sviluppo costiero. A questo proposito ci chiediamo come è stato effettuato lo studio delle correnti: la logica e la conoscitiva evidenziano uno studio a senso unico coincidente solo a determinare la convenienza progettuale.
A San Giovanni, in un passato abbastanza recente, abbiamo già sperimentato il grado di insabbiamento causato dall'impatto che ebbero le correnti marine col pontone della Bonatti che fece diga per anni in quel tratto di mare. Noi conosciamo bene le correnti marine in entrata e uscita nella baia e nel golfo: in entrata da est a ovest troverebbero lo sbarramento diga col conseguente rimbalzo dei detriti dovuto al basso fondale e ad ovest l'impossibilità di ritorno per la via inversa.
Non è solo necessario individuare San Giovanni come unico inconveniente per le sofferenze dovute alle correnti marine ma si può prevedere anche nel rimanente bacino (di quella che non sarà più una baia) fra la diga e Portoferraio, che avrà uno spazio ristretto quasi della metà rispetto a quello attuale. Alla commissione questa prospettiva dovrà far sorgere dei grossi dubbi sulla vulnerabilità di tutto il porto commerciale e della Darsena compresa.
Non è comunque condivisibile l'accettazione che la Teseco o chi per essa si propone il rilancio dell'economia di Portoferraio legata al progetto presentato. Tale asserzione nominata nelle relazioni allegate al progetto è solo opportunista ed inserita in un contesto strumentale a cui fa riferimento. Uno specchietto per le allodole al quale la irreversibilità trova opposizione per la totale mancanza di garanzie all'usufruimento delle imbarcazioni da diporto indigene.
Troviamo assurdo e sottovalutante l'intelligenza degli abitanti di Portoferraio quando in un'altra relazione la società Teseco dice esplicitamente che gli sfrattati potranno trovare ormeggio al di fuori della diga fra il mulino e la punta delle Grotte. Tutti sanno che è e sarebbe impossibile operare e fare attracchi in quel tratto di mare. Il progetto, a conti fatti, potrà solo accontentare i milionari ai quali di San Giovanni e dintorni non importa proprio nulla.
Il bacino, riferito al progetto Teseco, prevede metri 1250 di banchinamento con circa 60.000 metri cubi di cementificazione comprendente tutto il litorale interno ad esso. In pratica scompare la spiaggia adiacente il borgo e quella adiacente all'hotel Airone. L'impatto ambientale è sconvolgente e va a braccetto con la scomparsa della panoramica e la geografia dell'intera zona compreso l'eventuale dissesto idrogeologico considerando che al limite del bacino sfociano due fossi che hanno una portata non indifferente d'acqua e detriti.
Nel progetto non si parla di infrastrutture legate al porto e poiché si chiede da parte della Teseco la concessione per la gestione di un porto, ci chiediamo come si può conciliare la parte strettamente portuale con le infrastrutture legate a questa domanda progettuale: le relazioni annesse al progetto riferiscono di servizi previsti a ridosso della diga senza menzionare lo scalo di alaggio in funzione dello standard medio degli scafi ospitati. Dove ubicare lo scalo le cui dimensioni per metri quadrati dovranno ospitare imbarcazioni di oltre venti metri di lunghezza rimessaggio compreso?
Questo spazio eventuale dovrà essere conglobato con l'area di parcheggio auto e alle costruzioni inerenti il soddisfacimento degli utenti. L'area di parcheggio prevede per le nuove costruzioni un posto auto per ogni imbarcazione (posto barca). Al proposito vogliamo evidenziare che se per ogni posto auto lo spazio previsto minimo è di 8 metri quadri e considerata l'area di manovra si va ad occupare una superficie di oltre 8.000 metri quadrati.
La nostra comunità da sempre invidiata per la tranquillità che la contraddistingue verrà sconvolta da tutte queste mostruosità non considerate ma che dovranno essere prese in considerazione da coloro che sono preposti all'approvazione del progetto.
I residui del dragaggio per migliaia di metri cubi si sente dire che verranno resi innocui, non sappiamo bene, da cmale procedimento né dove dovranno essere stoccati. Un bel problemino anche questo che deve far pensare come San Giovanni potrà ancora ospitare i materiali di scarto già ospitati nell'evento alluvionale.
San Giovanni è lo specchio di Portoferrraio e purtroppo fino ad oggi non è mai stata presa in considerazione la sua importanza dal punto di vista turistico, economico ed ambientale. E' sempre stato, questo è vero, la pattumiera di Portoferrraio. Comunque non vogliamo un mostro che stravolga tutto; meglio, allora, tenerci il nostro mostricciatolo.
Da anni avanziamo la proposta del rifiorimento della diga attuale collegata al litorale con un ponte a giorno che permetta il naturale svolgimento della corrente marina affinché si possa fruire della diga con un camminamento di modo che nella parte interna al bacino possano essere ubicati posti barca in numero ragionevole e contenuto per i nostri concittadini. A terra potenziamento di servizi con parcheggio limitato e la possibilità di costruire edifici in maniera moderata e razionale.
Comitato Permanente per la tutela di San Giovanni
Il Presidente, Nino Barsacchi