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Elba Oggi Settimanale di attualità e cultura dell'Isola d'Elba
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Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo
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Carenza idrica: il progetto presentato
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di Carlo Rizzoli
L' incontro sull'acqua promosso dalla Faita in collaborazione con Elba 2000 è stata l' occasione per tentare di fare un discorso di prospettiva sul prezioso bene-acqua, in una fase di emergenza idrica che deve presumibilmente ancora toccare il fondo.
Lo spunto per "ragionare fuori dall'improvvisazione" come ha detto Alberto Sparnocchia, della Faita, è stato offerto dalla presentazione di un'idea-progetto del tecnico acquedottista Marcello Meneghin. L'idea è molto semplice e tecnicamente fattibile: creare attorno al monte Capanne (leggi granito) un serbatoio sotterraneo ad anello capace di raccogliere e conservare le precipitazioni invernali.
Si calcola che piovano sull'Elba 200 milioni di metri cubi l'anno di acqua buona, a fronte di un fabbisogno di 15, massimo 20 milioni di metri cubi. Il problema è che il picco delle precipitazioni coincide con le minime esigenze, e non vi è modo, ora, di conservare il prezioso liquido.
Il costo non sarebbe neppure esorbitante, per un primo stralcio funzionale di circa un chilometro, capace di centomila metri cubi, si spenderebbe quanto il costo annuo del rifornimento con le navi cisterna: 7 miliardi di vecchie lire. Il progetto non è neppure nuovo: il geologo Luciano Campitelli ha ricordato che, dal 1982, giace presso gli uffici della Comunità Montana un suo studio sulle risorse idriche che indicava un'analoga via per l'autonomia sul versante acqua.
Il professionista ha anche ricordato come, con l'attuale rifornimento via condotta sottomarina, l'Elba sia sottoposta ad un triplice rischio: di salute innanzitutto, poiché le falde del Salcio dalle quale si preleva l'acqua per la val di Cornia (e l' Elba) sono (per la vicinanza con Lardarello) inquinate dal tossico boro, due composti del quale sono solubili in acqua.
Che ciò non sia un gratuito allarmismo lo dimostrano le notizie per le quali, fermi restando a livello europeo gli attuali limiti del pericoloso inquinante, le falde che dissetano la Val di Cornia andranno chiuse al 31 dicembre 2002. In modo molto "italiano" si sta sperando che tali limiti di legge vengano innalzati, per non trovarsi in brache di tela.
E questo è il secondo rischio. L' ultimo riguarda invece la non remota possibilità di cedimento della condotta sottomarina: i primi nove Km, è stato detto, sono sottoposti da tempo ad un eccessivo stress meccanico. A parte la presenza del consigliere regionale Provenzali (Fi), dell'assessore alle risorse idriche della Comunità Montana Galletti, di rappresentanti elbani dei Verdi, Rifondazione e Social Forum, brillava l'assenza totale di amministratori pubblici dei Comuni elbani.
In sostanza, è stato detto da tutti gli intervenuti, occorre unire le forze smettendo di improvvisare. Lo stesso ripristino dei vecchi pozzi rischia di lasciare il tempo che trova: se le falde sono a secco o, peggio, infiltrate da acqua salata, ciò non servirebbe. In particolare da Meneghin, sono venuti utili suggerimenti per limitare le perdite ed evitare infiltrazioni inquinanti nelle scassate tubature, riducendo al minimo la pressione notturna per evitare ulteriori rotture e, soprattutto, non cessando mai completamente l'erogazione per evitare l'entrata di inquinanti fino ai rubinetti di casa; il problema è che a volte l' acqua non c'è proprio.
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