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Elba Oggi
Settimanale di attualitą e cultura dell'Isola d'Elba
Direzione, Redazione e Amministrazione: info@elbaoggi.it
Registrazione Tribunale di Livorno n° 682 del 26 Febbraio 2001
Direttore Responsabile: Francesco Oriolo |
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La scienza alleata dell'ambiente contro il fondamentalismo
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Con questo appello ci rivolgiamo alle istituzioni, alle imprese, alla comunità scientifica, al mondo ambientalista, a tutta l'opinione pubblica, perché prendano piena coscienza del nesso inscindibile che lega il progresso della scienza, di una scienza libera e responsabile, all'obiettivo di contrastare il degrado ambientale che minaccia gli equilibri ecologici, colpisce la vita degli uomini di oggi, ipoteca il destino delle future generazioni.
Sebbene i movimenti ecologisti siano stati influenzati anche da posizioni utopistiche, l'ambientalismo è però un pensiero politico a forte impronta scientifica: un pensiero le cui radici affondano nei nuovi paradigmi scientifici sull'interazione tra uomo e ambiente affermati dalla biologia e dall'ecologia nel corso dell'Ottocento e del Novecento, a partire dalla definizione del ruolo dell'ambiente nella teoria darwiniana dell'evoluzione.
Analogamente, è dalla scienza che viene, nel corso del Novecento, l'intuizione che il meccanicismo di matrice cartesiana non è sufficiente a descrivere e spiegare la complessità e l'interdipendenza del mondo naturale e in particolare della vita.
Più di recente, sono stati i genetisti molecolari ad avvertire dei possibili pericoli derivanti dall'uso delle tecniche cosiddette del "Dna ricombinante", mentre dall'analisi dei comportamenti dinamici delle reti biologiche e dell'ambiente nel suo complesso sono venute indicazioni fortemente innovative per tutta la scienza, indicazioni che hanno contribuito allo sviluppo di intere discipline come la fisica e la matematica dei processi di dinamica non lineare e allo stesso sviluppo dell'ecologia e della meteorologia.
La continuità tra l'ecologia come riflessione scientifica ed epistemologica e l'ambientalismo come pensiero e movimento politico è del resto testimoniata dalla formazione tecnico-scientifica di moltissimi dei protagonisti antichi e recenti dell'impegno per la difesa dell'ambiente: erano botanici ed agronomi i primi conservazionisti americani dell'inizio del secolo scorso, cui si deve la creazione dei grandi parchi nazionali da Yellowstone a Yosemite.
Erano poi biologi gli autori dei libri di denuncia sul rischio di estinzione delle specie animali pubblicati negli anni '60; erano matematici, demografi ed economisti gli studiosi che all'inizio degli anni '70 lanciarono l'allarme sul pericolo che la crescita della popolazione e dei consumi esaurisse le risorse naturali e provocasse livelli d'inquinamento insopportabili per gli equilibri ecologici del pianeta; ed erano scienziati - biologi, economisti, fisici - anche i padri dell'ecologia politica, a cominciare da Barry Commoner, che un quarto di secolo fa teorizzarono la necessità di una riforma radicale dei meccanismi dello sviluppo economico e tecnologico come principale antidoto alla crisi ecologica.
D'altra parte, molti dei temi centrali nella denuncia e nell'azione del movimento ambientalista hanno agito da stimolo alla ricerca scientifica. Dall'aumento dell'effetto serra al buco nell'ozono, dal problema energetico fino ai possibili effetti secondari delle applicazioni di ingegneria genetica, i progressi delle conoscenze scientifiche si sono dimostrati un ausilio indispensabile nell'impegno per meglio valutare e per ridurre i rischi ambientali.
Per tutto questo, noi ci ribelliamo ai tentativi di contrapporre le ragioni della scienza a quelle della difesa dell'ambiente. Ci opponiamo al fondamentalismo di chi, nel mondo ambientalista, esprime posizioni antiscientifiche e vede negli scienziati dei nemici. Questo atteggiamento, che si manifesta il più delle volte nella tendenza a confondere scienza e tecnologia, fa leva su paure irrazionali ed ancestrali - il timore della "intrusione" nel nostro corpo e nella nostra mente e della perdita d'identità - e sul "mito del ricordo" che identifica il passato con un Eden immaginario.
Su di esso, inoltre, influiscono negativamente i mezzi di comunicazione di massa, che utilizzano la paura e l'orrore come uno dei mezzi principali per catturare l'attenzione del pubblico, e anche l'approccio rigidamente rassicurante dei "tecnologi" che inevitabilmente aumenta la diffidenza verso la scienza e le sue applicazioni.
Al tempo stesso ci opponiamo alle campagne strumentali o disinformate di quanti descrivono l'ambientalismo come una cultura nemica della scienza, del progresso, giungendo per questa via a negare l'evidenza scientifica di problemi globali come l'aumento dell'effetto serra e le sue origini antropiche, o di rischi ambientali come la produzione di energia attraverso la fissione nucleare.
Questo opposto fondamentalismo, che negli scienziati e soprattutto nei tecnologi assume talvolta toni emotivi e irrazionali non molto dissimili da quelli di certo ambientalismo, dà spesso voce ad interessi assai forti e potenti e trova alimento nel senso di frustrazione più che legittimo di molti appartenenti alla comunità scientifica per il ruolo marginale nel quale è tenuta da sempre la ricerca in Italia.
Nel nostro Paese la scienza non ha mai goduto del prestigio e dell'attenzione che le sarebbero dovuti, e la domanda di ricerca da cui dipendono i finanziamenti (da parte dei governi ma anche delle imprese e dell'opinione pubblica) è estremamente bassa: per questo scienziati e tecnologi, in lotta perenne per la sopravvivenza, tendono spesso a rifugiarsi dietro baluardi fatti di certezze assolute, dietro una visione assiomatica e determinista della scienza.
Però queste reazioni finiscono per rafforzare nell'opinione pubblica quella immagine degli scienziati come apprendisti stregoni che è proprio una delle cause della fragilità del sistema della ricerca scientifica in Italia. Noi crediamo che sia necessario superare questa contrapposizione, e rilanciare un dialogo forte tra comunità scientifica e mondo ambientalista.
Un dialogo che deve fondarsi su alcuni valori e principi condivisi: l'ecosistema terrestre è limitato. La sua capacità di eliminare la mole crescente dei rifiuti prodotti dalle attività umana è già oggi in forte crisi. Le sue riserve di biodiversità, essenziali per mantenere i cicli vitali che assicurano la stabilità della biosfera, sono seriamente minacciate. Mutamenti climatici di origine antropica rischiano di alterarne profondamente le caratteristiche fisiche e biologiche, con conseguenze potenzialmente catastrofiche per la vita stessa degli esseri umani.
E' indispensabile avviare da subito azioni individuali e collettive capaci di contrastare con efficacia queste tendenze. A tale scopo, è necessario che da un lato sia utilizzata al massimo la capacità di inventiva individuale e collettiva della nostra specie e che, dall'altro, siano stabilite regole flessibili e concertate di comportamento in favore di una armoniosa convivenza degli esseri umani tra loro e dell'umanità con il resto della biosfera.
I problemi da affrontare vedono un intreccio strettissimo tra fattori socio-economici e tecnico-scientifici, perciò tali regole vanno definite sulla base della conoscenza approfondita dei fenomeni in questione adottando i criteri della concertazione democratica a tutti i livelli, da quello delle comunità locali a quello globale del Pianeta. La ricerca di conoscenza deve essere libera, fatti salvi i vincoli derivanti, in particolare in biologia, da possibili danni all'oggetto della sperimentazione.
La valutazione dei possibili danni derivanti dalle applicazioni dei risultati della ricerca e l'analisi del rapporto costi/benefici devono tenere conto di elementi non solo economici ma anche degli effetti dell'innovazione sull'ambiente e sulle società umane dal punto di vista della salute, dei rapporti tra gli individui e tra i popoli, delle tradizioni culturali e delle regole bioetiche.
Il progresso delle conoscenze scientifiche è indispensabile alla salvaguardia del sistema umano-ambientale, per indicare vie di uscita efficaci e percorribili in termini di modificazione dei sistemi economici umani che accrescano la capacità omeostatica della biosfera mantenendone la diversità e plasticità e contrastando bruschi cambiamenti globali non controllati né controllabili, e che al tempo stesso permettano di migliorare la qualità della vita degli uomini sia al livello individuale che sociale.
Lo studio delle dinamiche dei sistemi viventi ed ambientali é parte integrante della scienza, ed è necessario, al pari di altre aree di ricerca, per aiutare il progresso dei concetti e delle teorie scientifiche. Le applicazioni di tali ricerche, per le loro delicate implicazioni sanitarie, ambientali, economiche, etiche non possono essere sottoposte al regime tradizionale di brevettabilità. Occorre un forte investimento pubblico e privato nella ricerca e nello sviluppo di tecnologie da essa derivate.
Le applicazioni tecnologiche vanno sottoposte al vaglio degli strumenti democratici di controllo, e i criteri di tale controllo devono essere oggetto di una discussione complessiva in cui siano determinanti la valutazione dei livelli di imprevedibilità e dunque di rischio potenziale dei diversi prodotti della tecnologia, anche al fine di concretizzare meglio il significato del principio di precauzione nei diversi campi.
A questa discussione devono partecipare scienziati delle diverse tendenze e tecnologi ma anche rappresentanti della società civile, in quanto l'analisi deve estendersi alle questioni etiche e sociali. L'esigenza di un più forte investimento nella ricerca è tanto più forte in Italia, dove la quota del Pil destinata a questi usi è molto più bassa della media dei Paesi industrializzati e dove il governo Berlusconi nell'ultima Legge Finanziaria ha ulteriormente tagliato i fondi per la ricerca.
I finanziamenti per la ricerca devono essere stabiliti sulla base di programmi di ricerca definiti periodicamente a livello nazionale, nei quali è auspicabile uno spazio consistente per la ricerca di base e, per la parte applicativa, una maggiore presenza delle tematiche ambientali. Inoltre, deve essere favorita la ricerca pubblico-privata, sulla base di piani precisi e di valutazioni ex-ante ed ex-post dei risultati.
Hanno sottoscritto:
Rita Levi Montalcini, Premio Nobel per la Medicina
Enrico Alleva, Dirigente di Ricerca Laboratorio di Fisiopatologia di Organo e di Sistema Istituto Superiore di Sanità
Luigi Boitani, Direttore Dipartimento Biologia Animale e dell'Uomo Università di Roma "La Sapienza"
Enzo Boschi, Presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
Marcello Buiatti, Professore di Genetica Università di Firenze
Marcello Cini, Professore emerito di Fisica Università di Roma "La Sapienza"
Umberto Galimberti, Professore di Filosofia della Storia Università di Venezia
Giorgio Parisi, Professore di Teorie Quantistiche Università di Roma "La Sapienza".
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La scheda di adesione all'appello può essere sottoscritta anche sul sito di Legambiente ( www.legambiente.com ).
Legambiente
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